Andrea Luchi

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Le basi scientifiche della Paleo (1): La Paleo funziona nei diabetici

 
Comincio con questo post il commento sugli studi scientifici che confermano la bontà dell’appoccio “Paleo”, detto anche “Ancestrale”, all’alimentazione.
Questo per dare un senso di sicurezza a chi si avvicina a questo tipo di alimentazione ed è magari dubbioso della sua rigorosità scientifica.
Non sono molti gli studi presenti in letteratura perchè questo approccio è relativamente giovane. Il primo accenno importante in letteratura è di meno di 30 anni fa quando nel 1985 comparve sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicina il primo, mitico ormai, articolo scientifico che faceva esplicitamente riferimento alla nutrizione paleolitica, intitolato “Paleolithic nutrition. A consideration of its nature and current implications.” Gli autori erano Eaton e Konner, che possono essere considerati i pionieri della ricerca in questo campo. Ma la ricerca vera e propria sulla Paleo è cominciata molti anni dopo, circa 5-10 anni fa.
Lo studio di cui mi occuperò oggi è stato prodotto nel 2009 dal gruppo del Prof. Staffan Lindeberg dell’Università di Lund in Svezia. Il titolo del lavoro è Beneficial effects of a Paleolithic diet on cardiovascular risk factors in type 2 diabetes: a randomized cross-over pilot study, ovvero “Effetti benefici della dieta paleolitica sui fattori di rischio cardiovascolari nei pazienti diabetici di tipo II: uno studio pilota randomizzato cross-over”.
Beneficial effects of a Paleolithic diet on cardiovascular risk factors in type 2 diabetes: a randomized cross-over pilot study
Scopo dello studio era paragonare gli effetti sulla glicemia e sui fattori di rischio cardiovascolari di una dieta paleo rispetto alla dieta tradizionale che viene data ai diabetici (DTD). Cioè paragonare una dieta basata sugli alimenti (la paleo) che non si preoccupa di quanti carboidrati, grassi e proteine ci siano nei cibi, rispetto alla dieta per diabetici classica che si preoccupa di calcolare precisamente le percentuali di quanti carboidrati, proteine e grassi i diabetici debbano assumere; la dieta, quest’ultima, che viene data nei centri antidiabetici di tutto il mondo occidentale.

I soggetti sotto studio erano 13. Sono stati divisi in 2 gruppi in maniera casuale (random). Un gruppo faceva la paleo per tre mesi e l’altro gruppo la DTD per 3 mesi. Passati i 3 mesi si scambiavano i ruoli. Chi aveva fatto la paleo passava alla DTD e viceversa. Non sto a descrivervi la DTD perchè la potete trovare facilmente su internet.
Ai soggetti che facevano la paleo, invece, veniva indicato cosa dovevano mangiare, e cioè: carne magra (rossa e bianca), pesce, frutta, vegetali e tuberi (non più di una patata al giorno), uova (non più di 2 al giorno), frutta secca (preferibilmente mandorle, limitando la frutta essiccata e disidratata), olio di oliva (non più di un cucchiaio da tavola al giorno), vino (non più di un bicchiere al giorno). Quindi alcuni alimenti potevano essere mangiati liberamente, altri avevano le limitazioni riportate tra parentesi.
Alla fine dello studio i risultati hanno detto questo:
1) Alla fine della paleo il controllo del diabete era migliore rispetto alla DTD come si evince dal valore di emoglobina glicata (che esprime la glicemia delle ultime settimane) che era di 5.5 nella paleo e di 5.9 nella DTD (più è basso questo valore e meglio è).
2) I trigliceridi erano più bassi alla fine della paleo: 88 mg contro 132 mg
3) La pressione era più bassa alla fine della paleo:140/79 rispetto a 149/83
4) Le HDL erano più alte alla fine della paleo: 52 mg rispetto a 48 mg
5) Il peso era più basso alla fine della paleo: 81 kg contro 84 kg
6) La circonferenza alla vita era più bassa alla fine della paleo: 94 cm contro 98 cm
Non era stato detto ai pazienti sotto paleo di mangiare meno, ma nonostante ciò i soggetti sotto paleo riportavano di avere mangiato meno. Questo, dicono gli autori dello studio, sta a significare che la paleo è più “saziante” e quando la si fa viene naturale mangiare meno. Ad aumentare il senso di sazietà contribuisce l’acqua di cui sono ricchi la frutta e i vegetali. La sazietà nel caso della paleo non veniva dalle fibre che comunemente si sente dire tolgano la fame: infatti il contenuto di fibre della paleo era inferiore a quello della DTD. Anche il contenuto lievemente maggiore in percentuale di proteine della paleo può avere influito sul senso di sazietà.
Una cosa importante da notare è che il contenuto di carboidrati della paleo era solo lievemente inferiore ai 130 grammi consigliati ai diabetici dalla American Diabetes Association, ma ben sopra i 50 mg che sono il limite per definire una dieta “povera di carboidrati”.

LA PALEO NON E’ UNA ALIMENTAZIONE POVERA DI CARBOIDRATI!!!!!!

I grammi di proteine giornaliere che i due gruppi di pazienti ingerivano è risultato identico, ma siccome chi faceva la paleo mangiava di meno, in percentuale le proteine sono risultate più alte (24% delle calorie totali).
In sostanza i miglioramenti ottenuti con la paleo riportano i paramentri ematici a valori più vicini a quelli dei popoli che non mangiano i cibi che mangiamo noi in occidente.

Gli autori riportano anche le limitazioni di questo studio. La prima limitazione è che non era uno studio alla “cieca”. Cioè i pazienti sapevano che tipo di dieta facevano e non ne erano all’oscuro come accade quando si fanno gli studi sui farmaci. Tuttavia ai pazienti era stato detto che entrambe le diete erano perfettamente valide ed intercambiabili. Quindi è presumibile che non fossero influenzati nel pensare che una fosse meglio dell’altra e fossero condizionati in un qualche modo. Direi perciò che questa è una limitazione molto relativa e non molto significativa: non toglie cioè particolare valore allo studio.
La seconda limitazione è il numero esiguo di partecipanti, solo 13. In linea teorica si potrebbe affermare che le conclusioni non sono estrapolabili a tutti i pazienti diabetici visto che si tratta solo di 13 soggetti. Vero, ma se io fossi diabetico e mi chiedessero quale dieta voglio fare, facendomi vedere i risultati di questo studio sceglierei senza dubbio la paleo, voi?

Bibliografia
1) Cardiovasc Diabetol. 2009 Jul 16;8:35.
Beneficial effects of a Paleolithic diet on cardiovascular risk factors in type 2 diabetes: a randomized cross-over pilot study.
Jönsson T, Granfeldt Y, Ahrén B, Branell UC, Pålsson G, Hansson A, Söderström M, Lindeberg S.
Source
Department of Clinical Sciences, Lund, Lund University, Box 117, 221 00 Lund, Sweden. Tommy.Jonsson@med.lu.se
 
2) N Engl J Med. 1985 Jan 31;312(5):283-9.
Paleolithic nutrition. A consideration of its nature and current implications.
Eaton SB, Konner M.

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8 risposte

  1. Sono tipo1 dal 1958. Varie espressioni di autoimmunità (psoriasi, artrite psoriasica, sclerodermia, sclerosi sistemica con relativi markers positivi) con diagnosi ancora non definitiva. Nessuna indicazione sulla dieta da medico e dietista del Centro che mi segue, se non quelle standard.
    Qualche anno fa dal calcolo dei carboidrati alla dieta zona, praticamente autogestita, cercando di ridurre al q.b. l’insulina con l’uso del microinfusore, poi, un anno e mezzo fa dieta paleo e posso dire che anche per il T1 è magica. Con l’aiuto del sistema di monitoraggio continuo della glicemia.

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